sogni di quarantena per esorcizzare incubi
L’idea nasce da un reportage fotografico che non è tale; è meno: distratto, senza apparente fine, documento minimale in area ristretta, se non microcosmo. Ed è di più: racconto che si fa poesia, distacco quanto più è partecipazione empatica e viceversa. Insomma evasioni più o meno innocenti in un periodo che costringe un’intera nazione agli arresti domiciliari.
Nato istintivamente in seguito alle misure cautelari adottate per cercare di limitare i danni dell’inafferrabile e inarrestabile morbo, si è allargato ai contributi scritti di amici e conoscenti con un preciso intento: di mantenere raziocinio ed equilibrio, e anche un minimo di leggerezza, in tempi davvero bui, nei quali isteria e paranoia sono in agguato. Già comincia a spirare un’arietta, e siamo solo all’inizio… In questi tempi morti che ci attendono, ripensare il e nel quotidiano, ci pare una buona idea. Vista anche la disperante uniformità dei media che finirà per fomentare sconsideratezze varie, dall’utilizzo di scorciatoie comode che rischiano di farci diventare un po' stronzi, al riconoscerci presunti diritti all’immunità o all'arroganza soltanto per paura.
Gli scritti che stanno arrivando sono tanti, eterogenei e di qualità e ci confortano: si prospetta un’opera corale ma variegatissima, una testimonianza sul campo originale, uno strumento non effimero e un documento prezioso non solo per l’attualità: sintetico quanto evocativo, personale e al contempo universale.
A suo modo un antivirus dello spirito, suscettibile di passare dall’attuale forma on line a e-book e (chissà?) a cartaceo. Nel suo umile voler essere soltanto un momento della maturità e della compassione, in senso etimologico, per le ragioni degli altri, può diventare un farmaco anche per le pandemie a venire (il più tardi possibile, si spera) e quelle indebellabili, che si manifestano nel dna stesso di questo paese, ad esempio nella criminalità organizzata. Un antidoto quindi alla furfanteria, che non manca di presentarsi in forme subdole pure in questa emergenza, che può mettersi in moto proprio nel momento in cui ogni singolo è chiamato a fare il proprio dovere: ripensando così ad un rigore che partendo dall’individuo si imponga per sanificare la collettività. Insomma, per usare l’endemica e fessacchiotta retorica hashtag, non soltanto #stiamo a casa, ma anche e soprattutto #nienterabbia #nientepanico #stateboni, se potete.
Fabio Norcini, Firenze 20 marzo 2020